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Discalculia? Una testimonianza

  • Posted on:  Martedì, 14 Maggio 2019 08:45
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Sono Alessandra Giaccone, mamma di tre figli.

Tutto ciò che creo con la stoffa e materiali affini, e l’insegnare la matematica ai bambini e ai ragazzi della scuola elementare e media, per me non è solo un lavoro ma una grande passione. Inoltre sono attiva nel sostenere l’obiettivo di “PENSARE oltre”, che ringrazio per dare a tutti noi la possibilità di confrontarci e ricevere aiuto. Non avrei mai pensato da ragazzina di intraprendere né la strada della creatività né quella dell’insegnamento.

Tutto è iniziato quando la mia prima figlia ha cominciato a frequentare la prima elementare: lì mi sono trovata ad affrontare una realtà ben diversa dalle aspettative, in una città non mia di origine, quindi con differenze di abitudini e mentalità. Il punto non era tanto la differenza di città, quanto quella d’insegnamento. Infatti, con il trascorrere del tempo dedicato alla ricerca per scoprire da quale fonte d’ispirazione fosse iniziato questo nuovo metodo d’insegnamento, io e mio padre, anch’egli insegnante e a me d’aiuto in questa indagine, siamo venuti a conoscenza del “metodo globale”. Io ho avuto una maestra proveniente dalla "scuola di pensiero” Montessori, quindi completamente diversa da quella del metodo globale.

Trascorsi i primi 3/4 mesi di scuola della bambina, mi sono resa conto della difficoltà nella lettura e nel riconoscere la fonetica di alcune lettere, così mi sono rivolta al pediatra di famiglia, che era anche uno psichiatra infantile, per avere una consultazione e un aiuto sia per me sia per la bimba. Mi ricordo che mi tranquillizzò subito dicendomi che la bimba non aveva nessun problema, che, invece, era sbagliato il metodo d’insegnamento della lettura e che purtroppo l’alfabetizzazione era passata come metodo “obsoleto”; sto parlando di quindici anni fa. Uno dei primi passi è stato allora verificare se anche altri compagni riscontrassero le stesse difficoltà, scoprendo che il problema si estendeva a gran parte della classe; così mi sono offerta di aiutare quei bimbi in “difficoltà”, sicuramente non per causa loro, insegnando l’alfabetizzazione ecc. Da quel momento è iniziata la battaglia contro un sistema d’insegnamento che crea grandi problemi nei primi anni di scuola, che non dipendono da ritardi congeniti o da malattia, ma solo e semplicemente da un metodo d’insegnamento sbagliato, il quale “etichetta” bambini che non rispettano i canoni di tempo prefissati ... da chi poi?! Mah!

In quindici anni di lavoro, studio, partecipazione a conferenze su DSA e ADHD, queste ultime organizzate dalle scuole stesse, mi sono resa conto della scarsa collaborazione degl’insegnanti con i bambini e ragazzi certificati DSA . Ho vissuto personalmente il disagio dei genitori, nel momento in cui le maestre comunicavano con loro e consigliavano di portare il proprio figlio da uno psicologo, per poi seguire tutta la trafila (snervante) dei test di valutazione ecc., perché il bambino non leggeva, o non aveva imparato le tabelline nei tempi previsti dalle maestre, o perché non riusciva a stare “incollato” alla sedia, o chiacchierava un po’ di più dei compagni, oppure era troppo frettoloso, o semplicemente faceva troppe domande. Io credo nel modo più assoluto che tutti i bambini, in un modo o nell’altro, arrivano a capire e a ragionare su qualsiasi cosa, l’importante è dare loro gli strumenti giusti perché possano usarli al momento del bisogno, quando e dove lo trovino opportuno.

Così facendo, a loro volta, gli stessi bambini hanno dato a me gli strumenti per ascoltare i loro silenzi, le loro paure di non saper fare, e assieme abbiamo affrontato, un passo dopo l’altro, tutte le difficoltà nate da un metodo sbagliato, il cui principale obiettivo è essere tutti uguali e con gli stessi tempi. Un bimbo un giorno mi disse: “Io non li capisco i problemi”. Io risposi: “Hai ragione, anch’io a volte non li capisco”. Lui mi guardò un po’ perplesso e replicò: “Non è possibile! Tu insegni matematica!” Allora ho fatto capire al bimbo che i problemi non sono solo quelli con i numeri e che i problemi, se esistono, è perché devono essere risolti; pertanto gli ho chiesto se voleva raccontarmi un suo problema. Lui mi raccontò che avrebbe voluto un gioco, ma la mamma non poteva comprarlo perché non aveva abbastanza soldi in quel momento, però dopo alcuni giorni la mamma gli comprò il gioco. Gli ho fatto notare che, sebbene non ci fossero numeri, lui aveva risolto il problema avendo ricevuto il gioco. Poi gli ho proposto di aggiungere i numeri: il costo del gioco, quanto aveva la mamma; e il bimbo ha risolto il problema con i numeri! Era talmente felice che non poteva credere di averlo risolto e vi posso dire che per le maestre era un bimbo discalculico.

Ognuno di noi ha i suoi tempi per ogni cosa, ragione in più per rispettare quelli dei bambini e imparare da loro che hanno molto da offrirci.

I bambini arrivano a qualsiasi ragionamento logico-matematico, non importa quale strada prendano o come ci arrivino, l’importante è giungere alla soluzione. Come? Saranno loro a dircelo.

Ringrazio “PENSARE oltre” per quest’opportunità di raccontare e condividere le mie esperienze e per avermi offerto di lottare con loro contro un sistema in cui la scuola “etichetta” i bambini “diversamente anormali”.

Alessandra Giaccone

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