Riflessioni tratte da un articolo di Alain Goussot
“I rischi di medicalizzazione nella scuola. Paradigma clinico – terapeutico o pedagogico?
A cura di Luisa Piarulli (Pedagogista)
Abstract
Dilagano gli screaning: una nuova sindrome?
Alain Goussot, eccellente pedagogista da poco scomparso, esprime forte preoccupazione in merito all’aumento scriteriato di diagnosi nelle nostre scuole: DSA, ADHD, Autismo. Attraverso un’analisi lucida della situazione, sostiene che “l’ideologia della diversità crea nuovi ghetti” a favore di una ossessione scientista che incoraggia il dilagare di un approccio medico nei contesti educativi: una vera e propria colonizzazione che volutamente dimentica le conquiste raggiunte con le leggi 517/’77 e 104/’92 che andavano proprio nella direzione opposta. Goussot ci rammenta che la scuola e l’azione pedagogica devono rappresentare lo spazio del possibile…che “solo la Pedagogia fa dell’Educazione e dell’Istruzione un processo di emancipazione e liberazione umana che si oppone a ogni forma di reificazione e di disumanizzazione...E’ necessario riacquisire il tempo pedagogico e la sua possibile utopia”.
La nostra è la società dell’efficienza, della competitività, dei risultati immediati, del tecnicismo, del tutto e subito, elementi dissonanti con i principi educativi di tempo, soggettivizzazione, talento, arte, riflessione e pensiero critico, quindi con un paradigma pedagogico. La Pedagogia è in crisi non perché non ci siano buoni, bravi, ottimi pedagogisti, ma perché ha preso corpo il paradigma clinico-terapeutico ovunque, in primis nelle scuole; un paradigma che svalorizza la cultura umanistica e che riflette umori e tendenze di un contesto sociale, culturale, economico e politico che ha fatto della Pedagogia una scienza “inutile” perché poco aderente ai canoni utilitaristici e consumistici odierni.
Il Pedagogista Alain Goussot, scomparso recentemente e prematuramente, nell’articolo “I rischi di medicalizzazione nella scuola. Paradigma clinico terapeutico o pedagogico?" propone una disamina lucida, cruda, disarmante della questione e denuncia, senza mezzi termini, la condizione dell’attuale società, andando a confermare la preoccupazione di molti studiosi che invocano il ritorno alla Pedagogia.
Secondo lo studioso oggi prevale la scuola azienda costretta a scendere a patti con le logiche dei poteri forti per garantirsi finanziamenti a fronte di progetti edulcorati o che hanno poco a che fare con i sani criteri pedagogici, dove il Preside è Dirigente e promette la via dell’efficientismo tecnologico e l’istruzione tecnica, per creare cittadini al passo con i tempi. La didattica si trasforma in didatticismo, la pedagogia in pedagogismo, così da conformarsi a quegli aridi indicatori di oggettività attraverso griglie di valutazione, tabelle, obiettivi minimi da esplicitare nei PEI o nei PDP per gli alunni “diversi” o per meglio dire con un bisogno educativo speciale.
Goussot osserva che il dilagante processo di medicalizzazione nelle scuole, che volutamente marginalizza la Pedagogia, sempre più risponde a logiche di categorizzazione sociale, di etichettamento che “bolleranno” per sempre quel soggetto che si era afFidato alla scuola. “L’ideologia della diversità crea dei nuovi ghetti” sostiene Goussot e pone l’accento sulla “ossessione scientista” dell’Evidence based Education (EBE) “che trova la sua matrice scientifica nell’Evidence based Medicine”. Cosicchè DSA e BES rappresentano bene, secondo il nostro pedagogista, il fenomeno della colonizzazione della scuola da parte del paradigma clinico-diagnostico e ci ricorda quanto tutto ciò contrasti con la legge 517/ ’77 o con la Legge 104/’92 che andavano proprio nella direzione opposta alla medicalizzazione.
È un dato di fatto che nella scuola di oggi si accentuano le anomalie, i comportamenti problema, cresce il numero di DSA e di ADHD, attualmente anche di autismo. Dilagano gli screaning sui DSA e prevale lo sguardo diagnostico clinico coadiuvato da pratiche di stampo cognitivo-comportamentale (Goussot). Gli insegnanti, ai quali si delegano sempre più compiti, responsabilità, richieste, incombenze burocratiche, in balìa di teorie cosiddette scientifiche, quasi assuefatti, sono diventati abili a leggere in termini di sintomi e patologie ogni comportamento degli alunni che non rispecchi i canoni imposti e le logiche dovute.
Troppo distratto? Disturbo dell’attenzione!
Troppo movimentato? Disturbo dell’iperattività.
Scrive male? È disgrafico. E così via.
Il pedagogista francese Philippe Meirieu sostiene che assistiamo alla sindrome da screaning sistematico e scrive: “…quando il dis è individuato, permette di aggirare la pedagogia, di deresponsabilizzare gli insegnanti e di affidare del tutto un bambino ridotto a un sintomo all’esercito del personale paramedico (Meirieu 2013).
Mentre lo psichiatra americano Allen Frances sostiene che stiamo assistendo a un business notevole e a un giro d’affare non trascurabile per le grosse corporation dei farmaci a livello mondiale. Affermazioni inquietanti che inducono noi pedagogisti ad agire con urgenza, a chiedere interventi istituzionali, ad affermare a gran voce che c’è Bisogno di Pedagogia. Disponiamo di un preziosissimo bagaglio culturale e intellettuale che la storia della Pedagogia, dalla più antica alla più recente, ci offre: riprendiamocelo! Accogliamo con maggiore prudenza teorie e pratiche del mondo anglosassone e riprendiamoci le voci dell’umanesimo di Maria Montessori e di Lorenzo Milani e le battaglie di Franco Basaglia, oggi marginalizzate.
Goussot ripropone “lo stupore pedagogico” che solo può restituire un ruolo attivo allo studente che si afFida all’insegnante e ci rammenta che la scuola e l’azione pedagogica devono rappresentare lo spazio del possibile…che solo la Pedagogia fa dell’Educazione e dell’Istruzione un processo di emancipazione e liberazione umana che si oppone a ogni forma di reificazione e di disumanizzazione...E’ necessario riacquisire il tempo pedagogico e la sua possibile utopia. C’è bisogno di documentare, di scrivere, di leggere, di sperimentare, di fare ricerca, di FARE PEDAGOGIA: è una nuova battaglia, anche più grande della Pedagogia stessa, ma va fatta per tutelare la Persona dal rinnovato rischio di istituzionalizzazione del pensiero.