Il pedagogista Daniele Novara lancia l’allarme: «C’è un eccesso di diagnostica neuropsichiatrica in Italia. Perché nessuno tollera più l’immaturità dell’infanzia»
«Malati? Forse, ma immaginari. Perché molti di quei bambini che oggi vengono etichettati — alla lettera — come Dsa (affetti da disturbi specifici di apprendimento) o da sindrome da iperattività, una volta sarebbero semplicemente stati definiti “birichini” o “monelli”». E ancora: «È come negli anni Sessanta quando ci fu la stagione delle tonsille e quella dei piedi piatti. Risultato: tutti o quasi noi bambini di quell’epoca siamo stati operati di tonsille e messi sotto la lente per i “sospetti” piedi piatti. Adesso c’è invece la mania da neuropsichiatria». Daniele Novara, pedagogista tra i più noti in Italia che nel 1989 ha fondato il Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti (e dal 2004 insegna al Master in Formazione interculturale dell’Università Cattolica di Milano) non ha paura di gettare il sasso nello stagno.
Ma quali malati
E, parlando con il Corriere, aggiunge: «Viviamo in Italia una stagione di eccesso di diagnostica neuropsichiatrica. O, in altre parole, stiamo bollando le nuove generazioni con mille sigle indicative di altrettanti malesseri neuropsichiatrici che, nella maggior parte dei casi, di neuropsichiatrico hanno poco o nulla. Con tutto il danno, negli anni a seguire, che possiamo immaginare per questi bambini che si porteranno sulle spalle nel loro percorso scolastico l’etichetta di bambini malati. Si ma, immaginari».
Il bicchiere mezzo vuoto
Il guaio è che anziché guardare ai talenti dei piccoli, la società italiana di oggi tende a mettere sotto lente i «problemi»: è quello che Novara chiama il paradosso del bicchiere mezzo vuoto. «Utilizziamo strumenti di screening a tappeto per scovare l’immaturità». E a conferma delle sue argomentazioni, nel suo nuovo libro («Non è colpa dei bambini. Perché la scuola sta rinunciando a educare i nostri figli e come dobbiamo rimediare. Subito», Bur Rizzoli Parenting) porta i numeri. E dice: «A fronte dell’esplosione italiana di casi di difficoltà dell’apprendimento, secondo l’International Academy for Research in learning Disabilities, solo il 2,5% della popolazione scolastica mondiale dovrebbe incontrare problemi nella cognizione numerica, e solo lo 0,5% sarebbe soggetto a disturbo dell’apprendimento geneticamente determinato. Mentre i dati sulle segnalazioni in Italia parlano di circa un 20-30% di bambini. Più o meno cinque per classe».
Guarda l'articolo Corriere.it del 25/10/17